Il conflitto tra Israele e Iran rappresenta una delle dinamiche più complesse e destabilizzanti del Medio Oriente contemporaneo. Questa rivalità si è evoluta in modo radicale, passando da un’iniziale cooperazione strategica a un’inimicizia profonda e dichiarata. Tale trasformazione non è un semplice mutamento nelle relazioni bilaterali, ma una riorganizzazione fondamentale del loro allineamento geopolitico, che ha ripercussioni significative sulla stabilità regionale e globale.
Il presente articolo si propone di fornire un’analisi approfondita delle radici storiche, delle motivazioni strategiche, delle tattiche impiegate, del ruolo degli attori esterni e delle possibili traiettorie future di questo confronto. Comprendere la profondità di questa trasformazione è cruciale, poiché spiega l’intensità dell’attuale animosità e perché un ritorno alle relazioni precedenti sembra impossibile senza un cambiamento strutturale in uno o entrambi i regimi. Ciò sottolinea la natura più ideologica che puramente pragmatica del conflitto odierno.
Contenuto
- 2. IRAN: Radici Storiche e Cambiamento di Paradigma (Pre- e Post-1979)
- 3. L’Evoluzione delle Ostilità: Dalla Guerra per Procura al Confronto Diretto in Iran
- 4. Motivazioni e Interessi Strategici dei Due Attori Iran Israele
- 5. La Dimensione Nucleare: Preoccupazioni e Controlli Internazionali in Iran
- 6. Il Ruolo degli Attori Internazionali e Regionali
- 7. Implicazioni Umanitarie ed Economiche del Conflitto Iran Israele
- 8. Scenari Futuri e Vie di De-escalation in Iran
- Conclusioni sulla guerra Iran Israele
- Autore
2. IRAN: Radici Storiche e Cambiamento di Paradigma (Pre- e Post-1979)
2.1 L’Era dell’Alleanza (1948-1979): Pragmatismo e Interessi Comuni
Contrariamente alla percezione attuale, le relazioni tra Iran e Israele non sono sempre state ostili. Per quasi tre decenni, prima della Rivoluzione Islamica del 1979, i due paesi mantennero legami solidi e una cooperazione strategica basata su interessi comuni e un approccio pragmatico alla geopolitica regionale.
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Nel 1950, a soli due anni dalla sua nascita, lo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi riconobbe la piena legittimità dello Stato ebraico, un passo significativo in un Medio Oriente prevalentemente ostile a Israele. Questa alleanza si sviluppò nel contesto della Guerra Fredda, con entrambi i paesi che si schierarono con gli Stati Uniti. L’Iran, come pedina decisiva nello scacchiere mediorientale, e Israele, cercavano il sostegno americano. Essi si supportarono nel contrasto a nemici comuni, ovvero le forze anti-israeliane e gli oppositori allo Scià che spesso operavano congiuntamente.
Israele trasse grandi vantaggi da questa alleanza, basata sulla cosiddetta “dottrina della periferia”, ideata dal primo capo del Mossad, Reuven Shiloah. Questa politica mirava a stabilire relazioni diplomatiche con paesi non arabi della regione e minoranze etniche per contenere la minaccia araba e palestinese. Tale approccio rivela un modello di lunga data nella politica estera israeliana, caratterizzato dalla ricerca di alleanze pragmatiche basate su minacce condivise, anche con partner ideologicamente diversi. Il fatto che l’Iran, uno stato non arabo e non sunnita, avesse anch’esso imperativi geostrategici in un ambiente prevalentemente arabo e sunnita rese questa alleanza reciprocamente vantaggiosa. Ciò dimostra che le alleanze mediorientali non sono guidate unicamente da affinità religiose o etniche, ma da interessi geopolitici mutevoli.
La convergenza di interessi portò a una cooperazione segreta ma profonda in vari settori: intelligence condivisa (soprattutto tra Mossad e SAVAK, i servizi segreti iraniani), commercio di petrolio (Israele importava petrolio iraniano), e collaborazioni in ambito agricolo e militare. Israele divenne un fornitore chiave di tecnologia per l’Iran, specialmente nel settore della difesa. Le relazioni si radicarono al punto da sfociare in un progetto militare bilaterale segreto per realizzare un missile in grado di trasportare testate nucleari, denominato “Fiore”. Questo programma, rivelato solo dopo l’assedio all’ambasciata americana a Teheran nel 1979, prevedeva test di prototipi nel deserto del Negev in presenza di generali iraniani. La segretezza di tale cooperazione nucleare, persino dagli Stati Uniti, evidenzia la natura altamente sensibile di tali progetti e il desiderio di Iran e Israele di mantenere un’autonomia strategica. Ciò suggerisce che entrambi gli stati avevano ambizioni strategiche a lungo termine che preferivano perseguire al di fuori della diretta supervisione delle grandi potenze, prefigurando l’attuale opacità del programma nucleare iraniano e le operazioni segrete israeliane.
Infine, la numerosa e prospera comunità ebraica persiana, la più ricca dell’Asia al di fuori di Tel Aviv negli anni ’60 e ’70, contribuì a rafforzare i legami culturali e sociali tra i due paesi. Lo Scià attuò riforme per tutelare gli ebrei persiani, consentendo loro successo in campo economico, accademico e scientifico.
2.2 La Rivoluzione Islamica in Iran (1979): La Rottura e il Cambio di Paradigma
Il 1979 segna una svolta epocale nelle relazioni tra Iran e Israele. La Rivoluzione Islamica, che rovesciò lo Scià Mohammad Reza Pahlavi, portò al potere un nuovo regime teocratico sciita con un’ideologia radicalmente opposta a Israele e all’Occidente.
Il nuovo regime definì Israele un “tumore canceroso” da estirpare, in linea con la retorica anti-imperialista e anti-sionista. L’opposizione a Israele divenne un imperativo ideologico. Questo cambiamento da un’alleanza pragmatica a un’inimicizia radicale è intrinsecamente legato all’imperativo ideologico del nuovo regime teocratico sciita. Non si trattò solo di un cambio di governo, ma di una fondamentale riorientamento dell’identità nazionale e della politica estera basato su principi religiosi e anti-imperialisti. La designazione di Israele come “tumore canceroso” non era mera retorica, ma una convinzione fondante che guidava la politica.
L’ambasciata israeliana a Teheran fu immediatamente chiusa e donata all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), simbolo del nuovo corso ideologico. L’Iran ritirò il riconoscimento di Israele come stato, riferendosi al suo governo come “regime sionista” e a Israele come “Palestina occupata”. L’impatto del cambiamento post-rivoluzione dell’Iran sulle relazioni con Israele deve essere visto nel contesto degli imperativi geostrategici dell’Iran come uno Stato non arabo e non sunnita in un ambiente prevalentemente arabo e sunnita.
Inizialmente, sotto Khomeini, l’Iran preferì una “pace fredda” con Israele, opponendosi allo Stato ebraico a livello retorico senza tradurre immediatamente quella retorica in politica operativa diretta. Tuttavia, il sostegno materiale ai palestinesi era già presente anche prima del 1979. Questa apparente contraddizione rivela un tema chiave nella politica estera iraniana: la capacità di mantenere la purezza ideologica pur impegnandosi in azioni pragmatiche quando gli interessi nazionali lo impongono. La “pace fredda” suggerisce un’opposizione calcolata piuttosto che un confronto immediato e totale.
Durante l’invasione israeliana del Libano nel 1982, le Guardie rivoluzionarie iraniane collaborarono con i musulmani sciiti per creare Hezbollah, che divenne il più pericoloso avversario di Israele ai suoi confini. Hezbollah, sostenuto dall’Iran, utilizzò attentati suicidi per espellere le forze occidentali e israeliane dal Libano.
Tabella 1: Cronologia delle Fasi Chiave delle Relazioni Israele-Iran (1948-1979)
Periodo | Natura delle Relazioni | Interessi Comuni/Divergenti | Cooperazione/Confronto | Ideologia Dominante |
1948-1979 (Era dello Scià) | Alleanza Strategica | Anti-arabi, Anti-sovietici | Intelligence, petrolio, militare (Progetto Fiore) | Pragmatismo, Nazionalismo |
1979 (Rivoluzione Islamica) | Rottura/Inimicizia | Anti-sionismo, Anti-imperialismo | Chiusura ambasciata, sostegno OLP/Hezbollah | Teocrazia sciita, Anti-sionismo |
3. L’Evoluzione delle Ostilità: Dalla Guerra per Procura al Confronto Diretto in Iran
3.1 La Guerra per Procura: L’Asse della Resistenza
Dopo la Rivoluzione Islamica, l’Iran ha sviluppato una strategia di proiezione di potenza regionale attraverso il sostegno a una rete di attori non statali, noti come “Asse della Resistenza”, per sfidare Israele e gli interessi occidentali senza un confronto militare diretto. L’uso estensivo di questi gruppi proxy dimostra la preferenza strategica dell’Iran per la guerra asimmetrica, che gli consente di proiettare potenza e sfidare gli interessi israeliani e occidentali a costi contenuti, evitando al contempo un confronto militare diretto. Questa è una classica applicazione della “guerra ibrida”.
Gli attori chiave di questa strategia includono:
- Hezbollah (Libano): Creato nel 1982 con il supporto delle Guardie rivoluzionarie iraniane durante l’invasione israeliana del Libano, Hezbollah è diventato l’avversario più pericoloso di Israele ai suoi confini. L’Iran fornisce ingenti somme di denaro, addestramento, armi, esplosivi e aiuti politici/diplomatici. Hezbollah ha utilizzato attentati suicidi per espellere forze occidentali e israeliane dal Libano. La guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah si è conclusa in uno stallo militare.
- Hamas e Jihad Islamica Palestinese (Gaza): L’Iran ha fornito supporto politico, economico-militare e armi a gruppi palestinesi come Hamas e la Jihad Islamica Palestinese (PIJ), che sono apertamente impegnati nella distruzione di Israele. Sebbene Hamas sia sunnita e l’Iran sciita, la loro inimicizia comune verso Israele e gli Stati Uniti ha creato un’alleanza pragmatica. L’Iran ha visto Hamas come un “cavallo di Troia” nel mondo sunnita e un mezzo per aprire un fronte di pressione su Israele da sud.
- Houthi (Yemen): L’Iran fornisce armi al movimento sciita Houthi in Yemen, che ha iniziato ad attaccare Israele e il traffico marittimo nel Mar Rosso a partire da novembre 2023, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
- Milizie Sciite (Siria e Iraq): L’Iran ha sponsorizzato e facilitato il coinvolgimento di milizie sciite da tutta la regione (es. Liwa Fatemiyoun, Liwa Zainebiyoun, Harakat al-Nujaba) per combattere in Siria, sostenendo il regime di Bashar al-Assad. Israele percepisce questa come una minaccia esistenziale, temendo la creazione di una continuità territoriale dall’Iran al Mediterraneo e il trasferimento di forze militari iraniane a basi permanenti in Siria.
Nonostante la sua significativa influenza, l’Asse della Resistenza ha mostrato vulnerabilità, in particolare dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Le capacità militari di Hamas sono state decimate, Hezbollah ha subito importanti battute d’arresto e perdite di leadership , e persino gli Houthi sono stati indeboliti dalle campagne statunitensi. Questo indebolimento dei proxy spinge l’Iran verso un confronto più diretto, poiché i suoi mezzi tradizionali di proiezione di potenza sono diminuiti. Tale cambiamento aumenta il rischio di un conflitto diretto tra Iran e Israele, come dimostrato dagli eventi recenti.
3.2 Operazioni Clandestine e Cyber-Guerra
Oltre al sostegno ai proxy, il conflitto si è manifestato anche attraverso una “guerra invisibile” fatta di operazioni segrete, sabotaggi e attacchi cibernetici, spesso non rivendicati, che hanno colpito infrastrutture e figure chiave di entrambi i paesi.
Israele è accusato di aver assassinato numerosi scienziati nucleari iraniani (es. Mostafa Ahmadi-Roshan nel 2012, Mohsen Fakhrizadeh nel 2021) e comandanti militari iraniani, spesso in Siria (es. Razi Mousavi nel 2023, Mohammad Reza Zahedi nell’aprile 2024). Teheran ha accusato Israele di questi attacchi.
Il virus informatico Stuxnet (2010), ritenuto una creazione congiunta USA-Israele, ha attaccato un impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz, interrompendo e distruggendo centrifughe. Israele è accusato di aver orchestrato un cyber-attacco che ha causato un blackout a Natanz nell’aprile 2021. L’Iran, a sua volta, ha la capacità di condurre attacchi DDoS e wiper, anche contro infrastrutture critiche negli Stati Uniti. Queste operazioni sono spesso caratterizzate da “ambiguità strategica”, dove Israele e Stati Uniti evitano di esporre ufficialmente le loro responsabilità, mantenendo il nemico in uno stato di incertezza costante e sfruttando il vantaggio psicologico della deterrenza asimmetrica.
La costante serie di assassinii di scienziati e comandanti iraniani, unita a cyber-attacchi e sabotaggi, indica una strategia deliberata da parte di Israele per degradare le capacità e la leadership dell’Iran senza innescare una guerra su vasta scala. L’ambiguità strategica è fondamentale in questo contesto, consentendo a Israele di mantenere la deterrenza pur negando la responsabilità diretta. Questo serve anche come provocazione calcolata, mirata a spingere l’Iran a commettere un errore. Questa “guerra invisibile” evidenzia i limiti della guerra tradizionale nel prevenire la proliferazione o contenere l’influenza regionale e suggerisce una pericolosa dinamica di ritorsioni, dove ogni azione segreta rischia errori di calcolo e un’escalation verso il confronto aperto.
3.3 L’Escalation Diretta (2024-2025): Un Nuovo Capitolo
La dinamica del conflitto ha subito un’accelerazione significativa nel 2024-2025, con attacchi diretti tra i due paesi che hanno segnato un nuovo e pericoloso capitolo nella loro rivalità.
L’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023 è stato un evento catalizzatore, innescando una dura risposta israeliana e coinvolgendo gli altri alleati dell’Iran. Questo ha indebolito la rete di proxy iraniani, lasciando l’Iran più esposto. Tale evento ha fornito un impulso critico o una “finestra di opportunità” per Israele per intensificare le sue azioni contro l’Iran e i suoi proxy. Ciò sottolinea l’interconnessione dei conflitti nella regione e come un percepito indebolimento di un attore (Hamas) possa portare a una postura più aggressiva da parte di un altro (Israele) contro il suo avversario principale (Iran).
Israele ha eliminato importanti comandanti iraniani in Siria (Razi Mousavi, dicembre 2023; Mohammad Reza Zahedi, aprile 2024), accusando l’Iran di finanziare Hamas. Questa eliminazione mirata di alti comandanti iraniani e scienziati nucleari è una chiara “strategia della decapitazione” , volta a destabilizzare o persino rovesciare il regime iraniano. Questa tattica aggressiva sposta il conflitto da una guerra per procura a un assalto diretto alle capacità strategiche e alla leadership dell’Iran, aumentando significativamente la posta in gioco e la probabilità di scambi militari diretti.
In risposta all’uccisione di Zahedi, l’Iran ha lanciato un attacco diretto senza precedenti con droni e missili contro il territorio israeliano il 13 aprile 2024. Le difese aeree israeliane, con l’aiuto di USA e alleati, hanno intercettato la maggior parte degli attacchi. Israele ha risposto con attacchi sul suolo iraniano, colpendo siti militari e di difesa aerea (aprile/ottobre 2024, giugno 2025). Questi attacchi hanno mirato a smantellare le capacità nucleari e missilistiche iraniane, colpendo infrastrutture, impianti di comando e uomini chiave, con l’obiettivo di “sradicare la minaccia”. Alcuni analisti suggeriscono che Israele miri a rovesciare il regime iraniano, prendendo di mira figure chiave nella catena di comando militare e scienziati nucleari.
Tabella 2: Eventi Chiave e Attacchi Diretti/Indiretti (2010-2025)
Anno/Data | Evento/Attacco | Attore Responsabile (presunto/dichiarato) | Tipo di Attacco | Implicazioni/Conseguenze |
2010 | Virus Stuxnet attacca Natanz | USA-Israele (presunto) | Cyber-attacco | Interruzione/distruzione centrifughe |
2012 | Assassinio Mostafa Ahmadi-Roshan | Israele (accusato) | Assassinio | Uccisione scienziato nucleare |
2018 | Furto segreti nucleari iraniani | Israele (confermato ex Mossad) | Operazione clandestina | Acquisizione dati programma nucleare |
Luglio 2020 | Esplosione impianto centrifughe Natanz | Israele (accusato) | Sabotaggio | Distruzione impianto |
Nov 2020 | Assassinio Mohsen Fakhrizadeh | Israele (accusato) | Assassinio (telecomandato) | Uccisione scienziato nucleare |
Apr 2021 | Attacco impianto nucleare Natanz | Israele (accusato) | Cyber-attacco | Blackout impianto |
Giu 2022 | Avvelenamento scienziati nucleari | Israele (accusato) | Assassinio (presunto) | Uccisione scienziati |
Ott 2023 | Attacco Hamas a Israele | Hamas (supportato Iran) | Attacco militare, terrorismo | Innesco escalation, decimate capacità Hamas |
Dic 2023 | Eliminazione Razi Mousavi (Siria) | Israele | Assassinio | Uccisione comandante iraniano |
Feb 2024 | Sabotaggio gasdotto iraniano | Israele | Sabotaggio | Esplosioni, interruzione gas |
Apr 2024 | Attacco consolato iraniano Damasco | Israele | Attacco aereo | Uccisione generali iraniani |
Apr 2024 | Attacco diretto Iran a Israele | Iran | Missilistico, droni | Primo attacco diretto, intercettato |
Apr 2024 | Attacco israeliano a Isfahan | Israele (presunto) | Attacco aereo | Colpito sistema difesa aerea |
Lug 2024 | Assassinio Ismail Haniyeh (Teheran) | Israele (presunto) | Assassinio | Uccisione leader Hamas |
Set 2024 | Assassinio Hassan Nasrallah (Libano) | Israele | Assassinio | Uccisione leader Hezbollah |
Ott 2024 | Secondo attacco diretto Iran a Israele | Iran | Missilistico | Intercettato |
Ott 2024 | Eliminazione Yahya Sinwar (Gaza) | Israele | Assassinio | Uccisione leader Hamas |
Ott 2024 | Attacco aperto Israele in Iran | Israele | Attacco aereo | Colpiti sistemi difesa aerea, siti missilistici |
Apr 2025 | Esecuzione agente Mossad (Iran) | Iran | Esecuzione | Ritorsione per assassinii |
Giu 2025 | Operazione “Rising Lion” (Iran) | Israele | Attacchi aerei, droni, Mossad | Colpiti siti nucleari, militari, leadership |
4. Motivazioni e Interessi Strategici dei Due Attori Iran Israele
4.1 Prospettiva Iraniana
Le motivazioni dell’Iran nel conflitto con Israele sono profondamente radicate in una combinazione di ideologia rivoluzionaria, ambizioni di proiezione di potenza regionale e preoccupazioni di sicurezza nazionale.
Dopo la Rivoluzione del 1979, l’Iran ha adottato una posizione militante anti-sionista, definendo Israele un “tumore canceroso” da estirpare e un “nemico dell’Islam”. La causa palestinese è un pilastro della retorica rivoluzionaria iraniana, vista come una “questione islamica”. Questa retorica non è solo politica, ma una chiamata alla Jihad che legittima il sostegno ai gruppi proxy e l’espansione dell’influenza iraniana oltre i suoi confini. Questa cornice religiosa consente all’Iran di trascendere la diplomazia tradizionale e di appellarsi a un pubblico musulmano più ampio, inclusi i sunniti. L’inimicizia verso gli Stati Uniti è altrettanto centrale, data la loro storia di colonialismo e interventi in Medio Oriente e i legami con lo Scià deposto.
L’Iran si vede come il leader dell'”Asse della Resistenza”, un blocco anti-occidentale e anti-sionista che cerca di espandere l’influenza iraniana nella regione. Il sostegno a proxy come Hezbollah, Hamas e Houthi è un mezzo per sfidare Israele e gli interessi statunitensi, proiettando potenza a costi contenuti. L’Iran considera il suo arsenale balistico e il suo programma nucleare come deterrenti essenziali contro i paesi rivali, in particolare Israele e Stati Uniti. La minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz è un esempio di potenziale rappresaglia economica. Le azioni dell’Iran possono essere viste anche come una risposta alle operazioni segrete israeliane, agli assassinii di scienziati e ai sabotaggi.
4.2 Prospettiva Israeliana
Israele percepisce l’Iran come la sua principale minaccia esistenziale, guidata da un’ideologia che nega il suo diritto all’esistenza e da un programma nucleare potenzialmente militare. La retorica iraniana che chiede la distruzione di Israele rafforza questa percezione.
La prevenzione dell’Iran dall’acquisizione di armi nucleari è la motivazione principale per Israele. La “Dottrina Begin” implica un attacco preventivo contro qualsiasi minaccia nucleare percepita nella regione. Israele ha ripetutamente dichiarato la sua intolleranza verso un Iran nucleare e ha condotto operazioni per interrompere il programma. La “Dottrina Begin” si è estesa dalla prevenzione delle armi nucleari allo smantellamento sistematico della rete di proxy iraniana e persino all’obiettivo a lungo termine di un cambio di regime. Ciò indica uno spostamento dalla pura deterrenza nucleare a una strategia di sicurezza regionale più ampia e aggressiva.
Israele mira a contrastare il sostegno iraniano a gruppi militanti come Hezbollah, Hamas e PIJ, che rappresentano una minaccia diretta ai suoi confini e alla sua sicurezza. La “strategia della decapitazione” dei leader di Hamas e Hezbollah è parte di questo sforzo. Israele ha sviluppato una dottrina preventiva che include operazioni di sabotaggio, cyber-attacchi (es. Stuxnet) e l’uccisione di scienziati nucleari iraniani per ritardare il programma nucleare.
Le dichiarazioni di Netanyahu sul “tempo che sta scadendo” e l’Iran che “sta armando uranio arricchito” evidenziano una minaccia immediata percepita che ha spinto Israele ad agire. La convinzione che l’Iran “non sia mai stato così debole” e che la sua rete di proxy sia stata “decimata” crea una “stretta finestra di opportunità” per Israele per colpire. Questa percezione di vulnerabilità, unita a un senso di minaccia esistenziale, può portare a attacchi preventivi e a una maggiore tolleranza al rischio di escalation.
Tabella 3: Interessi Strategici e Motivazioni di Iran e Israele
Attore | Interessi/Motivazioni Principali | Tattiche Preferite | Percezione dell’Avversario |
Iran | Ideologia anti-sionista, Proiezione di potenza regionale, Deterrenza nucleare, Reazione alle aggressioni israeliane | Guerra per procura, Operazioni clandestine, Cyber-attacchi | “Tumore canceroso”, “Nemico dell’Islam” |
Israele | Sicurezza esistenziale, Prevenzione nucleare iraniana, Contrasto ai proxy iraniani, Obiettivo di rovesciamento del regime | Attacchi preventivi, Operazioni clandestine, Cyber-attacchi, Assassinio di figure chiave | “Minaccia esistenziale”, “Regime genocida” |
5. La Dimensione Nucleare: Preoccupazioni e Controlli Internazionali in Iran
5.1 Stato del Programma Nucleare Iraniano
Il programma nucleare iraniano è al centro delle preoccupazioni internazionali e rappresenta un casus belli primario per Israele e gli Stati Uniti.
Il programma nucleare iraniano ha origini negli anni ’50 sotto lo Scià, con accordi con USA ed Europa. Fu interrotto dopo la Rivoluzione del 1979 e ripreso nel 1995 con l’aiuto della Russia.
Gli impianti chiave includono:
- Bushehr: Unica centrale elettronucleare attiva, con un reattore operativo (915 MW) e uno in costruzione (974 MW, previsto per il 2026). L’Iran prevede di costruire centrali per un fabbisogno totale di 20000 MW.
- Natanz: Impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio scoperto nel 2002, con migliaia di centrifughe. È stato oggetto di cyber-attacchi (Stuxnet) e sabotaggi.
- Isfahan: Impianto di conversione di yellowcake in esafluoruro di uranio (UF6), il gas per l’arricchimento.
- Arak: Reattore di ricerca ad acqua pesante (IR-40) che utilizza uranio naturale, oggetto di preoccupazioni internazionali per il potenziale di produzione di plutonio.
- Fordo/Qom: Impianto segreto in costruzione a Qom (secondo l’intelligence USA) in grado di contenere 3.000 centrifughe. Fordow è un altro sito di arricchimento.
L’Iran ha avviato l’arricchimento dell’uranio al 20% nel gennaio 2021. Ha anche arricchito fino al 60%. L’AIEA ha avvertito che l’Iran ha abbastanza uranio arricchito a livelli quasi da arma (90%) per fabbricare “diverse” bombe nucleari. La menzione ripetuta dell’arricchimento al 20% e 60% e l’avvertimento dell’AIEA indicano la vicinanza dell’Iran a una “capacità di breakout nucleare”, ovvero la capacità di produrre rapidamente un’arma. Le azioni di Israele sono esplicitamente volte a prevenire questo. Questa vicinanza alla militarizzazione crea un’immensa pressione e un rischio elevato, rendendo le soluzioni diplomatiche più difficili e l’azione militare più probabile dal punto di vista israeliano.
5.2 Il JCPOA (Accordo sul Nucleare Iraniano): Impatto e Conseguenze
Il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) del 2015 è stato un tentativo cruciale della comunità internazionale di limitare il programma nucleare iraniano in cambio di un allentamento delle sanzioni. L’accordo mirava a limitare l’arricchimento dell’uranio, ridurre le scorte, dismettere impianti chiave (Arak, Fordow) e garantire accesso illimitato agli ispettori dell’AIEA. In cambio, le sanzioni ONU e alcune sanzioni USA/UE sarebbero state revocate.
Nonostante l’Iran fosse considerato conforme agli obblighi , l’amministrazione Trump si è ritirata dall’accordo nel 2018 e ha reintrodotto “pesantissime sanzioni”. Questo ritiro è stato visto come un “azzardo”. Il ritiro ha vanificato le speranze di ripresa del dialogo e ha spinto l’Iran a riprendere l’arricchimento dell’uranio a livelli più alti. Ha anche aumentato l’isolamento regionale dell’Iran, spingendolo verso alleanze con Cina e Russia. Gli Stati Uniti di Trump hanno allineato la loro politica con Israele e Arabia Saudita, che si opponevano all’accordo. L’Europa, invece, ha continuato a sostenere il JCPOA, considerandolo un successo per la non proliferazione e cercando di preservarlo anche senza gli USA.
Il destino del JCPOA funge da indicatore critico del più ampio panorama diplomatico. Il suo successo iniziale ha dimostrato il potenziale della diplomazia multilaterale, mentre il ritiro degli Stati Uniti ha evidenziato la fragilità di tali accordi di fronte a cambiamenti politici unilaterali. Il fatto che l’UE continui a sostenerlo nonostante il ritiro degli Stati Uniti mostra una divergenza negli approcci occidentali. Il fallimento del JCPOA nel disinnescare completamente le tensioni, nonostante l’iniziale conformità dell’Iran, suggerisce che la questione nucleare è profondamente intrecciata con le dinamiche di potere regionali e i conflitti ideologici. Il suo crollo ha rimosso un meccanismo chiave per la supervisione internazionale, aumentando il rischio di proliferazione e confronto diretto.
5.3 Preoccupazioni dell’AIEA e della Comunità Internazionale
La sorveglianza del programma nucleare iraniano da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e le preoccupazioni della comunità internazionale sono centrali per la sicurezza regionale e globale.
L’Iran continua a non cooperare in modo trasparente con l’AIEA e non applica il Protocollo aggiuntivo, limitando l’accesso degli ispettori a impianti chiave come quelli di estrazione e macinazione. La capacità dell’Iran di arricchire uranio a livelli elevati (fino al 60%) e la sua intenzione di costruire nuovi impianti di arricchimento senza informare l’AIEA sollevano serie preoccupazioni sulla possibilità di sviluppare armi nucleari. Alcuni esperti sostengono che “non esiste il nucleare civile: chi acquisisce la tecnologia, prima o poi arriva alla bomba, se vuole”.
Il consiglio dei governatori dell’AIEA ha censurato l’Iran per la mancata collaborazione. L’ONU ha imposto diverse risoluzioni e sanzioni per limitare il programma nucleare e missilistico iraniano. La distruzione totale dei siti nucleari iraniani è considerata quasi impossibile senza l’aiuto di governi amici, e Israele vede il programma nucleare come una minaccia esistenziale.
La censura dell’AIEA e l’annuncio iraniano di un terzo sito di arricchimento e centrifughe più avanzate indicano una spirale pericolosa. L’affermazione che “non esiste il nucleare civile: chi acquisisce la tecnologia, prima o poi arriva alla bomba, se vuole” riflette un profondo scetticismo sulle intenzioni pacifiche dichiarate dall’Iran. Ciò suggerisce che la comunità internazionale si sta avvicinando a un “punto di non ritorno” in cui le soluzioni diplomatiche diventano sempre più difficili e il rischio di proliferazione diventa acuto. Questa dinamica esercita un’immensa pressione sugli sforzi globali di non proliferazione, implicando che l’attuale quadro internazionale sta faticando a contenere i progressi dell’Iran, il che potrebbe portare a una corsa agli armamenti regionale.
Tabella 4: Panoramica degli Impianti Nucleari Iraniani e Livelli di Arricchimento (con stato IAEA)
Nome Impianto | Tipo/Funzione | Stato Operativo/Costruzione | Livello di Arricchimento (se applicabile) | Stato di Ispezione IAEA | Note/Controversie |
Bushehr | Centrale elettronucleare | Attivo (Reattore 1), In costruzione (Reattore 2) | N/A (energia civile) | Accesso completo | Danneggiato in guerra Iran-Iraq; Iran prevede 20000 MW totali |
Natanz | Arricchimento uranio | Attivo, Segreto (scoperto 2002) | 20%, 60% | Accesso limitato, non applica Protocollo aggiuntivo | Subito cyber-attacchi (Stuxnet) e sabotaggi |
Isfahan | Conversione uranio | Attivo | N/A (conversione) | Accesso limitato, non applica Protocollo aggiuntivo | Produce UF6 per arricchimento |
Arak | Reattore di ricerca ad acqua pesante (IR-40) | In costruzione | N/A (uranio naturale) | Accesso limitato, trovato sicuro ma preoccupazioni | Potenziale produzione di plutonio |
Fordo/Qom | Arricchimento uranio | Attivo (Fordow), Segreto (Qom) | Capacità per 90% (Qom) | Accesso limitato | Impianto sotterraneo, difficile da colpire |
6. Il Ruolo degli Attori Internazionali e Regionali
6.1 Stati Uniti
Gli Stati Uniti sono un attore centrale nel conflitto Israele-Iran, con un’influenza significativa sulle dinamiche regionali, sebbene la loro posizione sia stata altalenante.
Gli USA hanno fornito un supporto militare e diplomatico senza precedenti a Israele, inclusa l’assistenza nell’intercettazione di missili iraniani. Sotto Donald Trump, gli USA hanno adottato un approccio cauto, negando il coinvolgimento negli attacchi israeliani e prioritizzando la protezione del proprio personale in Medio Oriente. Trump ha cercato una soluzione diplomatica sul nucleare iraniano dopo aver stralciato il JCPOA, ma ha anche spinto Israele a dare una “seconda possibilità” alla diplomazia.
La base di Trump è divisa sul supporto a Israele nel conflitto con l’Iran, con figure chiave che avvertono contro il coinvolgimento in una guerra che non serve gli interessi americani. Gli USA esercitano pressione diplomatica su Israele per “congelare” le operazioni in caso di rischio escalation. La “neutralità selettiva” degli Stati Uniti, che nega il coinvolgimento diretto pur supportando militarmente Israele e usando la retorica per fare pressione sull’Iran, crea ambiguità per tutte le parti. Questo approccio consente agli Stati Uniti di mantenere una certa distanza dal conflitto diretto, ma rischia anche di alienare gli alleati che cercano impegni più chiari e di incoraggiare gli avversari che potrebbero interpretare erroneamente la posizione degli Stati Uniti.
6.2 Russia
La Russia è un attore influente in Medio Oriente, con legami storici e strategici con l’Iran, che si riflettono anche nel conflitto con Israele e hanno implicazioni per la guerra in Ucraina.
La Russia ha storicamente sostenuto l’Iran e i suoi alleati regionali, come Hezbollah e il regime di Bashar al-Assad. In cambio, l’Iran ha fornito droni kamikaze (Shahed) alla Russia per la guerra in Ucraina. Il Ministero degli Esteri russo ha condannato gli attacchi israeliani, affermando che “minacciavano la stabilità e la sicurezza” in Medio Oriente.
Il Cremlino potrebbe cercare di presentarsi come mediatore tra Israele e Iran, con Putin che si offre di facilitare i negoziati sul programma nucleare iraniano. Questo potrebbe essere un tentativo di ottenere concessioni sull’Ucraina. Le relazioni tra Mosca e Teheran sono una “complessa simbiosi” di partnership situazionale e calcolo strategico, dove la Russia usa l’Iran come strumento nella sua strategia globale.
La guerra Israele-Iran potrebbe spostare l’attenzione dall’Ucraina al Medio Oriente. L’attacco israeliano potrebbe aumentare i prezzi del petrolio, fornendo una spinta economica alla Russia. Sebbene i droni Shahed siano ormai prodotti in Russia, la capacità difensiva dell’Ucraina potrebbe risentirne se gli USA reindirizzano gli aiuti a Israele. Il legame diretto tra l’escalation del conflitto e l’aumento dei prezzi del petrolio, unito alla possibilità che la Russia “venda” i suoi servizi di mediazione per ottenere concessioni sull’Ucraina, rivela una cinica “diplomazia energetica”. La Russia beneficia dell’instabilità in Medio Oriente, poiché essa fa aumentare i prezzi del petrolio e distoglie l’attenzione e le risorse globali dall’Ucraina.
6.3 Cina
La Cina, pur mantenendo una posizione più ambigua rispetto a USA e Russia, ha interessi economici e geopolitici significativi nel Medio Oriente e nelle relazioni con l’Iran.
La Cina è il principale acquirente delle esportazioni di petrolio greggio dell’Iran (oltre il 90%), fornendo un’ancora di salvezza economica nonostante le sanzioni. La Cina ha fornito supporto in armamenti e componenti (chip per armi iraniane). Ha anche condannato l’attacco israeliano ai siti nucleari iraniani come un “pericoloso precedente” e ha sostenuto la sovranità dell’Iran.
L’indebolimento dell’Iran da parte di Israele è visto come una “terribile perdita” per la Cina in Medio Oriente, potenzialmente spingendola a indurre l’Iran o altri attori a colpire gli USA. La Cina, insieme alla Russia, è vista come parte di un “blocco anti-occidentale” che cerca di bloccare la crescita di un ordine mondiale alternativo centrato su transazioni in yuan/rubli e accordi energetici fuori dal dollaro. A livello interno, l’Iran consolida la cooperazione silenziosa con Cina e Russia per rafforzare le difese anti-drone e cyber. Il ruolo della Cina come principale acquirente di petrolio iraniano e il suo sostegno a un “ordine mondiale alternativo” basato su transazioni non in dollari evidenziano una dimensione economica sottostante al conflitto geopolitico. Ciò suggerisce che il conflitto Israele-Iran è anche un proxy per una più ampia “guerra fredda economica” tra blocchi guidati dall’Occidente e blocchi multipolari emergenti.
6.4 Arabia Saudita e Stati del Golfo
Le monarchie del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita, sono attori cruciali nella dinamica regionale, con interessi complessi che oscillano tra la rivalità con l’Iran e la ricerca di stabilità.
L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sono parte di un blocco “irriducibilmente ostile” all’Iran, e si sono distinti per l’opposizione all’accordo nucleare (JCPOA) che avrebbe rotto l’isolamento iraniano. Nonostante l’ostilità, l’Arabia Saudita e altri stati arabi (Qatar, Egitto, Giordania) hanno intensificato gli sforzi diplomatici per contenere le tensioni regionali, sollecitando la de-escalation e soluzioni diplomatiche. L’Arabia Saudita ha dichiarato che non permetterà che il suo spazio aereo venga utilizzato per operazioni militari, indipendentemente dalla loro origine o obiettivo. Il riavvicinamento tra Israele e alcune monarchie del Golfo attraverso gli Accordi di Abramo (2020) ha aumentato l’isolamento regionale dell’Iran.
La “diplomazia silenziosa” o la cauta neutralità degli Stati del Golfo, che condannano pubblicamente le azioni israeliane e chiedono la de-escalation pur evitando di offrire supporto logistico o diplomatico a Israele, riflette un delicato equilibrio tra le loro alleanze di sicurezza e la necessità di gestire le relazioni con un potente vicino come l’Iran. Questa posizione sfumata è fondamentale per la stabilità regionale, poiché la loro volontà di impegnarsi diplomaticamente con entrambe le parti, anche se in modo discreto, fornisce potenziali canali per la de-escalation.
6.5 Organizzazioni Internazionali (ONU, UE, AIEA)
Le organizzazioni internazionali giocano un ruolo cruciale nel tentare di contenere il conflitto, promuovere la non proliferazione e facilitare la diplomazia.
ONU, Unione Europea e Regno Unito hanno apertamente condannato l’escalation come “pericolosa” e hanno sollecitato la massima moderazione e il ricorso alla diplomazia. L’ONU ha imposto risoluzioni e sanzioni per limitare il programma nucleare iraniano. L’AIEA monitora il programma, ma lamenta la mancanza di trasparenza da parte dell’Iran.
L’UE si è impegnata a mantenere il JCPOA e a fungere da canale di dialogo tra le parti in conflitto, evitando di schierarsi unilateralmente. Alcuni stati europei hanno sospeso le licenze per l’export di armamenti verso Israele. Nonostante gli sforzi, la capacità delle organizzazioni internazionali di imporre limiti o prevenire l’escalation è spesso limitata dalla volontà degli stati membri e dalla complessità delle dinamiche regionali.
La “diplomazia dell’impotenza” delle organizzazioni internazionali è evidente: pur condannando costantemente l’escalation e chiedendo la diplomazia, il loro impatto effettivo nel prevenire azioni militari dirette sembra limitato. La continua escalation, nonostante i loro appelli, suggerisce un divario tra la retorica diplomatica e l’intervento efficace. Ciò evidenzia i limiti del diritto internazionale e delle istituzioni multilaterali di fronte ad attori statali determinati che perseguono interessi percepiti come esistenziali.
7. Implicazioni Umanitarie ed Economiche del Conflitto Iran Israele
7.1 Bilancio di Vittime e Danni alle Infrastrutture Civili
Gli attacchi diretti tra Israele e Iran, sebbene non ancora una guerra su vasta scala, hanno già causato vittime e danni significativi, con gravi implicazioni umanitarie.
I media iraniani hanno riportato decine di civili uccisi (fino a 78) e centinaia di feriti (oltre 320) negli attacchi israeliani, inclusi bambini (fino a 20) in un complesso residenziale a Teheran. Due persone sono state uccise in un attacco israeliano a un sito missilistico nell’Iran occidentale.
Gli attacchi missilistici iraniani hanno causato vittime e feriti in Israele. Una donna è morta a Tel Aviv, e decine di persone sono rimaste ferite (fino a 63), con danni a edifici residenziali in città come Tel Aviv, Ramat Gan e Rishon Lezion. Tre diplomatici stranieri sono rimasti leggermente feriti a Tel Aviv.
Oltre agli obiettivi militari e nucleari, gli attacchi hanno colpito infrastrutture energetiche (es. giacimenti petroliferi, impianto di estrazione di gas South Pars) e difese aeree. Gli impianti nucleari di Natanz, Fordow e Isfahan hanno subito danni, sebbene l’Iran minimizzi.
Il costo umano della “guerra invisibile” è diventato tragicamente visibile con gli attacchi diretti, che hanno causato significative vittime civili e danni alle infrastrutture. Questo passaggio da un conflitto in gran parte “invisibile” a uno con costi umani tangibili rende più difficile per entrambe le parti negare l’impatto. L’aumento del bilancio delle vittime civili e la distruzione delle aree residenziali aumentano la posta in gioco morale e politica per i governi e la comunità internazionale, esercitando potenzialmente pressione per la de-escalation.
7.2 Impatto sui Mercati Energetici Globali e Catene di Approvvigionamento
Il Medio Oriente è un fulcro mondiale di produzione di petrolio e gas. Qualsiasi escalation nel conflitto Israele-Iran ha immediate e significative ripercussioni sui mercati energetici globali e sulle catene di approvvigionamento.
L’escalation del conflitto ha causato un’impennata dei prezzi del petrolio (oltre il 13% nell’intraday) e del gas (quasi il 5%), riaccendendo i timori di un nuovo picco dell’inflazione. I mercati temono un possibile blocco dello Stretto di Hormuz, un punto di accesso cruciale per il trasporto di circa un quinto del consumo globale di idrocarburi. Teheran ha minacciato di chiudere lo Stretto per rappresaglia.
Un conflitto regionale più ampio destabilizzerebbe l’intera regione e i suoi mercati finanziari, con conseguenze negative su deflussi di capitale, costi di finanziamento e crescita economica. Si prevedono crolli dei mercati emergenti e infiltrazioni terroristiche in Europa. L’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe fornire una spinta economica alla Russia, sostenendo la sua guerra in Ucraina. Il legame diretto tra l’escalation del conflitto e l’aumento dei prezzi del petrolio e del gas evidenzia come gli interessi economici siano profondamente intrecciati con la stabilità geopolitica. La minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz è una potente arma economica. Questa dimensione economica significa che il conflitto ha immediate ripercussioni globali, coinvolgendo attori non regionali le cui economie dipendono da mercati energetici stabili.
8. Scenari Futuri e Vie di De-escalation in Iran
8.1 Scenari di Escalation
Il rischio di un’escalation su vasta scala è palpabile, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per la regione e oltre. Un “worst case scenario” prevede che l’Iran reagisca pesantemente, coinvolgendo Hezbollah e Houthi in una guerra aperta. Israele colpisce in Libano, Siria e Iraq. La guerra diventa regionale, costringendo gli USA a intervenire, mentre la Russia si smarca. Si prevede la prosecuzione con droni e attacchi a bassa intensità, o un “salto di qualità” con lancio di missili a medio raggio su Israele o basi regionali, con il coinvolgimento di milizie proxy in operazioni parallele.
Le implicazioni globali includono un’impennata del prezzo del petrolio, la chiusura di Hormuz e il blocco delle rotte commerciali, il crollo dei mercati emergenti e infiltrazioni terroristiche in Europa. La “caccia al leader massimo Ali Khamenei” e la spinta all’insurrezione del popolo iraniano sono considerate parte del piano israeliano a lungo termine.
L’attuale dinamica di “botta e risposta” e la “pericolosa escalation” creano un alto rischio di conseguenze non intenzionali. Anche se nessuna delle due parti desidera una guerra su vasta scala , errori di calcolo, reazioni eccessive o le azioni dei proxy potrebbero innescare una conflagrazione regionale. L’effetto “rally-round-the-flag” in Israele e la potenziale pressione interna sull’Iran a reagire complicano ulteriormente la de-escalation. Questa instabilità intrinseca è aggravata dalla mancanza di canali di comunicazione chiari e dalla profonda sfiducia tra le parti.
8.2 Iran: Scenari di De-escalation e Vie Diplomatiche
Nonostante l’escalation, esistono percorsi e attori che potrebbero contribuire a una de-escalation e alla ricerca di soluzioni diplomatiche.
Un “best case scenario” suggerisce che il raid israeliano possa agire da catalizzatore per una transizione interna al regime iraniano, con Teheran che si smarca dalle Guardie della Rivoluzione, accetta un sistema nucleare monitorato e rientra nel consesso internazionale. Questo porterebbe a una stabilizzazione del Medio Oriente, crollo del prezzo del petrolio e aumento degli investimenti.
Le organizzazioni internazionali (ONU, UE) e i paesi arabi (Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Giordania) sollecitano una de-escalation e il ricorso alla diplomazia. La diplomazia europea è chiamata a diventare un canale di dialogo. Russia e Turchia potrebbero agire come mediatori, facilitando negoziati e cercando di evitare un’escalation.
Un eventuale rallentamento delle operazioni militari israeliane a Gaza potrebbe indicare una concentrazione di risorse sul fronte iraniano o un’apertura a tregue umanitarie, influenzando la dinamica generale del conflitto.
Conclusioni sulla guerra Iran Israele
Il conflitto tra Israele e Iran è una rivalità profondamente radicata, trasformata da un’alleanza pragmatica in un’inimicizia ideologica dopo la Rivoluzione Islamica del 1979. Questa trasformazione ha dato origine a una “guerra ibrida” caratterizzata dal sostegno iraniano a una rete di proxy (“Asse della Resistenza”) e da operazioni clandestine israeliane, inclusi assassinii e cyber-attacchi. La recente escalation ha visto un passaggio a confronti diretti, con attacchi reciproci che hanno aumentato significativamente i rischi.
Al centro di questa dinamica vi è il programma nucleare iraniano, percepito da Israele come una minaccia esistenziale, e la retorica anti-sionista del regime di Teheran. Nonostante gli sforzi internazionali per il controllo nucleare, il ritiro degli Stati Uniti dal JCPOA ha compromesso la trasparenza e alimentato la corsa agli armamenti.
Gli attori internazionali e regionali giocano ruoli complessi: gli Stati Uniti supportano Israele con una “neutralità selettiva”, la Russia sfrutta l’instabilità per i propri interessi geopolitici ed energetici, e la Cina mantiene un’ancora di salvezza economica per l’Iran. Gli stati arabi cercano la de-escalation, mentre le organizzazioni internazionali faticano a imporre limiti efficaci.
Le implicazioni umanitarie ed economiche sono già tangibili, con vittime civili e interruzioni dei mercati energetici globali. Il futuro rimane incerto, oscillando tra scenari di escalation regionale totale e la speranza di una de-escalation attraverso la diplomazia multilaterale e possibili transizioni interne in Iran. La “trappola dell’escalation” e il rischio di una guerra non intenzionale rimangono preoccupazioni centrali, sottolineando l’urgente necessità di canali di comunicazione efficaci e di un impegno diplomatico concertato per prevenire una catastrofe regionale e globale.